cascina ballarin

La stretta di mano è forte e salda, tipica delle persone che lavorano a contatto con la terra. Lo sguardo è fiero, vigile e profondo. Uno sguardo che nasconde un’infinità di storie. Uno sguardo prezioso. Uno sguardo buono. Il volto, invece, è indurito dal sole delle Langhe. I tratti del viso, sebbene marcati e fieri, rivelano una persona semplice e di sani principi.
Così si presenta Luigi, il proprietario della cantina Cascina Ballarin, situata in località La Morra, tra Alba e Barolo, nel vigneto del Piemonte.

Con la sua camicia a quadretti rossi e neri dalle maniche risvoltate, i jeans pesanti e un po’ sformati dalla vita di campagna e la voce bassa di chi non ha bisogno di urlare per farsi sentire, Luigi sembra uscito dalle pagine di un romanzo d’altri tempi. Retto e lavoratore. Potrebbe essere il perfetto comprimario per uno scapestrato ragazzo di città che si trasferisce nella calma delle colline per imparare i valori della vita.

Di lezioni, Luigi ne avrebbe tante da impartire. È convinto che la fine del mondo sia imminente, più vicina di quanto pensiamo. Lui, che ha avuto modo di contemplare alcune delle più grandi città-formicaio del mondo, non ha dubbi: a Shanghai, San Paolo e Tokyo, solo per citarne alcune, l’uomo ha soffocato la natura e vive ormai sommerso dai rifiuti. In Brasile hanno addirittura trasformato un corso d’acqua in una discarica di liquami a cielo aperto.

Quale lezione stiamo impartendo alle nuove generazioni? Come possono crescere nel modo giusto, con la consapevolezza che la natura è una risorsa da sfruttare e non un bene di cui fare tesoro? Luigi, del resto, con la terra ci è cresciuto, e si vede. Quando parla delle verdi colline in cui crescono i vigneti di famiglia, nei suoi occhi brilla una luce particolare. Quella luce che, purtroppo, non potrà mai essere compresa da chi non esce mai dal cemento e dai palazzi di città.

Una luce che viene dalle corse nei prati da bambino, dai giochi tra i filari di vite, dalle scorrerie nella tenuta del vicino per rubare le nocciole, dall’amore in libertà in mezzo alla campagna. Quella luce negli occhi, però, porta con sé tanta tristezza. Una tristezza consapevole del fatto che ormai è troppo tardi per cambiare le cose.

Luigi ricorda con nostalgia le estati di trent’anni fa, quando campeggiava in Romagna con gli amici e la sera andava a ballare al Bandiera Gialla. Quelli sì che erano ancora bei tempi, quando ancora potevi lasciare la tua campagna consapevole che l’avresti trovata inalterata. Oggi, tra furti e condizioni meteorologiche estreme, non sai mai come saranno le tue vigne l’indomani. È un pianeta sempre più insicuro, quello del terzo millennio.

Un pianeta in cui un contadino potrebbe essere costretto, da una vendemmia all’altra, a vendere l’azienda di famiglia per curarsi una malattia causata dagli ingredienti malsani dell’aria che ha respirato. A cedere l’impresa su cui tanti prima di lui hanno investito a persone il cui unico fine è il guadagno. A persone che per accendere i sigari utilizzano banconote da 500 euro. A persone che non hanno il rispetto per l’altro; tanto possono comprare tutto quello che vogliono semplicemente schioccando le dita.

Nonostante ciò, Luigi non demorde. Perché non può venir meno all’amore per la sua terra. Un amore capace di produrre, grazie al lavoro duro, alla fatica e, soprattutto, al rispetto, alcuni tra i prodotti più pregiati dell’enogastronomia italiana. Barolo, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto. Sono vini che tutto il mondo invidia alle Langhe. Vini che parlano d’amore, di tradizioni e di rispetto. Vini nostalgici. Vini che, con la loro forza e il loro carattere, sanno farsi ricordare.

Grazie Luigi, per tutto quello che mi hai trasmesso. Forse, inconsapevolmente. Forse, alcune cose non stanno proprio così. Ma del resto, quando si scrive, così come quando si lavora la terra, bisogna lasciarsi trasportare dalle emozioni.


Prossimamente vi parlerò in maniera più pratica della cantina Cascina Ballarin. Per ora, vi lascio il link al sito.